Intervengo per la prima volta sulla questione del referendum costituzionale, e lo faccio senza i toni trionfalisti o catastrofisti che arrivano da entrambi gli schieramenti. Questo perché non credo che si tratti dell'ultima occasione per svoltare verso il futuro, e a maggior ragione non vedo alcun rischio di svolta autoritaria.
Si tratta semplicemente di una riforma, seppur della nostra Carta fondamentale, ma comunque limitata alla sua seconda parte, ossia quella che regola i rapporti tra i vari organi di rango costituzionale. Una riforma di cui si parla da anni ed anni, anzi da decenni, e non è nemmeno la prima se si tiene conto che già nel 2001 fu rivista in maniera incisiva la distribuzione delle competenze legislative tra Stato e Regioni; senza dimenticare quella del 2006 che non trovò sbocco a seguito del referendum costituzionale.
La riforma che verrá sottoposta al vaglio referendario di dicembre dà un volto nuovo all'organizzazione dello Stato italiano, cambiando in maniera radicale il rapporto tra Camera e Senato, superando il bicameralismo paritario e trasformando la seconda Camera in un organismo rappresentativo delle autonomie locali. Su questo punto dico subito che avrei preferito la soppressione totale del Senato e il passaggio al monocameralismo, ma del resto la riforma perfetta non esiste.
La riforma non si esaurisce certo in questa seppur non trascurabile modifica, ma prevede anche una ulteriore ridefinizione delle competenze Stato/Regioni (definitiva bocciatura delle modifiche del 2001, soprattutto della legislazione "concorrente" che ha generato innumerevoli conflitti di attribuzione davanti alla Corte Costituzionale), la stretta alla decretazione d'urgenza da parte del Governo, la soppressione del Cnel, la diminuzione di alcuni costi delle istituzioni.
Come dicevo prima la riforma non è perfetta, anzi presenta degli aspetti che andranno misurati "sul campo", ed eventualmente corretti successivamente.
Adesso la parola passa agli elettori, che con il loro voto dovranno decidere se approvare definitivamente questo cambiamento oppure respingerla lasciando tutto come è stato finora. Per quanto mi riguarda, voterò SI perché credo che dopo tanto discutere sia arrivato il momento di provarci davvero.
Ognuno si esprima liberamente, cercando di informarsi sui contenuti della riforma, e non lasciandosi influenzare da appartenenze partitocratiche o ideologiche che rischiano di far deragliare l'attenzione sul testo su cui si vota. Perché il 4 dicembre si vota esclusivamente sulla riforma costituzionale, e non sul Jobs Act, sulla riforma della scuola, sulle unioni civili o quant'altro vi viene in mente. E soprattutto non si vota sulla figura del Presidente del Consiglio Renzi, che ha fatto l'errore madornale mesi fa di "personalizzare" questo voto, ma che verrà valutato alle prossime elezioni politiche, e non ora.
Quindi buon voto a tutti, l'articolo 138 della Costituzione a garanzia della democraticità del sistema mette nelle nostre mani il destino delle modifiche alla Carta costituzionale: questo ci impone come cittadini di arrivare preparati all'appuntamento referendario, per fare la nostra scelta nel modo più libero possibile, e non perché ce lo ha detto qualcuno.
Post scriptum: so che questo post è molto lungo, ma come ho detto in premessa è la prima volta che scrivo pubblicamente sull'argomento, e forse sarà l'ultima. Da ora al 4 dicembre, se vorrete parlare o confrontarvi con me sul referendum, potrete farlo di persona, tanto sapete tutti più o meno dove trovarmi. Comunque la pensiate, avrete come sempre la mia disponibilità e attenzione.