giovedì 1 gennaio 2009

La banalizzazione degli auguri - Ilvo Diamanti

Ho trascorso le feste impegnato a rispondere agli auguri. Via sms. Alcuni, lo ammetto, li ho inviati anch'io. Anzi: molti. E, ovviamente, non è ancora finita. L'opera continuerà per qualche giorno ancora. Dicono, i gestori della telefonia mobile, che in questi giorni l'aumento del traffico degli sms sia aumentato in modo spropositato. Di 25 punti percentuali in più rispetto a un anno fa. Sarebbe stato inviato un miliardo di sms solo a Natale. Pare. Ma deve essere vero. Io, nel mio piccolo, continuo a sentire il mio cellulare che segnala l'arrivo di nuovi messaggi. Tre ticchettii. A ripetizione.

E' il prezzo della tecnologia. Basso, dirà qualcuno. Anzi, più che un prezzo, un risparmio, perché inviare gli auguri per posta - una cartolina, un biglietto, una lettera - costava molto di più, in tempo e, forse, ma non ne sono certo, anche in denaro. Però - bisogna aggiungere - per via postale il numero di messaggi di auguri inviato era molto più ridotto. Il che costringeva a selezionare. A scegliere le persone per cui valesse la pena di "spendere" tempo. Per amicizia, riconoscenza, diplomazia, deferenza. Molti e diversi i motivi. In fondo, gli auguri sono un dono. Il cui fine non è solo altruista. Seguono, al fondo, una logica di utilità, per quanto implicita. Servono a tener viva una relazione.

Fanno parte di un complesso gioco di reciprocità. Anzi, di scambi. Gli auguri, infatti, si "scambiano". Il cellulare, per questo, ne riduce il valore e il significato. Li riduce a un rito elettronico, routinario e superficiale. Si fanno gli auguri in qualche nanosecondo. "Cari auguri...". E, pochi secondi dopo, tre tocchi e arriva la risposta. Oppure, a tua volta, senti il segnale del cellulare. Apri il messaggio e leggi: "Cari auguri...". Un secondo dopo hai già risposto: "... anche a te". Non è più un gioco di scambi e di relazioni. Solo una questione di riflessi. A volte non ti soffermi neppure a guardare di chi si tratta. Anche perché non sempre è possibile. A volte arrivano sms da numeri che non ho memorizzato. E il messaggio è firmato da nomi comuni. Molto comuni. Troppo. "Un Natale felice a te e ai tuoi. Paolo". Ma io conosco almeno una ventina di persone che si chiamano Paolo. Di quale si tratterà? Per cui non mi pongo problemi e rispondo: "Anche a te e alla tua famiglia. Ilvo". Tanto costa poco. Anche se la tecnologia ricorre a soluzioni sempre più elaborate, per simulare il biglietto di auguri tradizionale.

Messaggi sofisticati, con disegni sempre più complessi. Alberi-di-natale-con-luci-intermittenti.
Presepi-con-o-senza-remagi. Accompagnati, talora, da canti natalizi. Quattro-cinque note. La tentazione, ovvia, è di usarli a nostra volta. Sostituire la firma, e "inoltrare" ad altri. Evitando, possibilmente, di girarli a chi te li ha spediti.

Gli sms: hanno impoverito il rito degli auguri. Lo hanno burocratizzato definitivamente. Completando l'opera avviata dalle e-mail. Che, però, erano e restano prerogativa di una cerchia ristretta. Perché la posta elettronica la usa, comunque, una minoranza colta di persone, i cellulari più o meno tutti. Della posta elettronica gli sms hanno riprodotto la tendenza a standardizzare il rapporto fra gli interlocutori. Colpa delle mailing-list. Delle agende di indirizzi che possono essere usate per mandare messaggi collettivi. Talora elaborati: poesie, detti celebri, citazioni di filosofi greci o da mistici medievali. I più militanti: frasi di teologi della liberazione. E' la situazione peggiore. Come rispondere se arriva, per sms, questa massima di Meister Echkart: "... finché avrete dei desideri, Dio li soddisferà, avrete desiderio di eternità e di Dio fino a che non sarete perfettamente poveri. Poiché è più povero solo chi non vuole nulla e non desidera nulla" ?

Sei disarmato. Non puoi reagire con: "Auguri anche a te e ai tuoi". Si instaura una relazione asimmetrica, almeno in apparenza. Perché, di fatto, quella citazione è stata spedita a qualche decina o centinaia di indirizzi. Una volta per tutte. Non a uno a uno. Anche per questo il Natale e le altre feste stanno perdendo il loro valore sociale. Troppi doni, pochi alberi di Natale, pochi presepi, pochi, pochissimi auguri veri, fatti di persona o almeno in modo diretto. Ormai per marcarne il segno esclusivo, come un dono dedicato, gli auguri devi farli di persona. Almeno per telefono.

Altrimenti tutto scade nell'assoluto impersonale. I tentativi di personalizzare gli sms collettivi, usando, per risparmiare tempo, lo stesso messaggio ma cambiando, di volta in volta, il nome del destinatario insieme all'indirizzo, trasmettono, comunque, una sensazione insopprimibile di artefatto. E lasciano aperti varchi pericolosi a equivoci buffi e imbarazzanti.

A me, ad esempio, il giorno di Natale è arrivato un sms - firmato da una persona a me nota - che recitava "Caro Matteo, tanti cari auguri a te e famiglia". Matteo. Così gli ho risposto: "Anche a te e ai tuoi, caro Marco". Io non mi chiamo Matteo. Lui non si chiama Marco. Così ho ristabilito una relazione simmetrica. Fra due persone che si conoscono ma non si ri-conoscono. Un gioco di maschere e di finzioni.
Forse è un segno dei tempi.